Pensieri e parole
(Lucio Battisti-Mogol) – Lucio Battisti, 1971
Pensieri e parole parla di un problema di comunicabilità nei confronti della persona amata. È composta di molte immagini che possiamo rappresentare singolarmente, cercando di ridurre l’unità discorsiva per privilegiare invece una frammentarietà stilistica forse più significativa.
«Che ne sai di un bambino che rubava/e soltanto nel buio giocava» Si riferisce alla mia vita di bambino nato in periferia, che rubava la frutta negli orti e cominciava i primi tiepidi approcci con le sue coetanee.
«E di un mondo tutto chiuso in una via» Questa via rappresentava tutta la mia infanzia, l’ultima strada della città prima della campagna, tutta circondata da campi dove giocavamo.
«E di un cinema di periferia» Era quello di via Pacini, dove andavamo la domenica, aspettando con ansia l’apertura con le 100 lire in tasca.
«Che ne sai della nostra ferrovia» Era il limite del nostro territorio, perché al di là di via Clericetti c’era un’altra via e subito dopo c’era l’alzata della ferrovia.
«Conosci me la mia lealtà/tu sai che oggi morirei per onestà» Questa è la confessione sincera di una realtà profonda, che non lascia dubbi sul mio atteggiamento esistenziale.
«Che ne sai tu di un campo di grano/poesia di un amore profano» Noi andavamo a giocare in campagna, in un campo di grano che ci sovrastava e che veniva usato per i nostri piccoli giochi adolescenziali, ma era cosi incontaminato che mi sembrava di profanarlo.
«L’amore mio/è roccia ormai/e sfida il tempo e sfida il vento e tu lo sai» Da una parte c’è l’uomo che sono diventato al di là delle insicurezze e della malizia e dall’altra c’è il ricordo di quello che ero poco tempo prima.
«Che ne sai di un ragazzo per bene/che mostrava tutte quante le sue pene» È detto in senso ironico. Parlo di un passato prossimo, non antico, nel quale non era ancora ben definito lo sviluppo della personalità.
«Davanti a me c’è un’altra vita/la nostra è gia finita/e nuove notti e nuovi giorni/cara vai o torni con me» È un momento di grande indecisione, perché sembrano coesistere due stati d’animo opposti, il primo che considera conclusa la storia sentimentale, il secondo che lascia aperto uno spiraglio al desiderio di recupero.
«Davanti a te ci sono io/dammi forza, mio Dio/un altro uomo» Il problema è superare il momento della separazione. Per fare ciò si chiede aiuto a Dio e contemporaneamente si chiede perdono alla donna per averla spinta tra le braccia di un altro uomo.
«E nuove notti e nuovi giorni/cara non odiarmi se puoi» Ecco un discorso veramente sincero, perché lui, pur essendo deciso a dividersi, prova ancora tenerezza nel ricordo di quell’amore.
«Che ne sai di un viaggio in lnghilterra/che ne sai di un amore israelita» Questo è un ricordo anche divertente e riguarda un viaggio che ho fatto in Inghilterra per motivi di studio. Ero ospite pagante di una famiglia ebraica, il cui capofamiglia mi voleva bene, provava molta tenerezza nei miei confronti fino al punto di portarmi in un loro circolo, facendomi passare per un ebreo. Lì trovai una fidanzata e molti amici. Successivamente, in occasione di una famosa festività ebraica che non conoscevo, tradii le mie vere origini religiose con una domanda sbagliata. Da quel momento mi ritrovai senza amici e senza fidanzata.
Questa è una canzone molto significativa nella mia produzione e contiene tanti punti salienti della mia vita, fino alla separazione da mia moglie, che fu traumatica. Avvenne nel 1971, un periodo in cui le separazioni erano viste come un fatto drammatico, specialmente quando venivano coinvolti anche i figli. Emerge il mio grande dolore causato dall’incomunicabilità che c’era tra di noi; c’era l’affetto, ma non riuscivamo più a comunicare.
Credo che sia anche uno dei testi più evocativi, da questo punto di vista, dal quale esce molto del mio passato, quasi un’ampia descrizione di un mondo vissuto in contrapposizione agli stili di vita del momento.
Estratto da : Fontana, Gianmario (a cura di), Mogol. Umanamente uomo, Milano, BMG Ricordi-Sperling & Kupfer, 1999, pp. 75-77