Canzoni da nobel
Canzoni da Nobel
Quando nel 1997 Dario Fo vinse il premio Nobel per la letteratura fu oggetto, oltre che di congratulazioni vivissime espresse dalla magiorparte del mondo culturale italiano, anche di critiche molto dure provenienti da quello stesso ambiente, che non vedeva di buon occhio un drammaturgo-giullare (pergiunta da sempre schierato politicamente a difendere gli emarginati della società) preferito a un romaziere o ad un poeta, come se la produzione drammatica non facesse parte da sempre della letteratura. E comunque Dario Fo era stato in assoluto uno degli autori italiani più rappresentati al mondo, e questo doveva pur significare qualcosa. In ogni caso la motivazione della giuria del Nobel parlava chiaro: lo aveva vinto perché “nella tradizione dei giullari medievali fustiga il potere e riabilita la dignità degli umiliati”. Parte indissolubile del suo repertorio sono state le canzoni, che hanno accompagnato quasi sempre i suoi spettacoli, tanto è vero che uno dei più importanti si intitolava proprio Ci ragiono e canto, restituendo così nobiltà alla parola cantata e facendone oggetto d’arte. Nelle sue canzoni Fo trovò un compagno musicale ideale in Fiorenzo Carpi, autore delle musiche di molte di quelle composizioni e di quegli spettacoli, e un compagno di avventure in Enzo Jannacci, con il quale firmò molte canzoni, incise poi da Jannacci stesso e dai suoi due amici Cochi e Renato. Nella collaborazione con Jannacci e con Carpi, Fo perseguì coscientemente la volontà di usare spesso il dialetto milanese (con Ornella Vanoni come interprete femminile privilegiata), lingua ideale per descrivere quei personaggi che si muovevano al confine tra la piccola delinquenza e la cialtronaggine, eroi emarginati, certo, ma all’interno di un aura surreale che li rendeva persino divertenti, oltre che oggetto di compassione.
Sullo sfondo di una Milano in bianco e nero che allargava i suoi confini, all’inizio degli anni Sessanta, in una crescente distesa di quartieri periferici e lontani dal Duomo, dominati in qualche modo dalla presenza dell’Idroscalo, curiosa struttura che legittimava il boom milanese fatto di lavoro e di risparmi, capace di generare una sorta di mare urbano che si popolava durante i weekend. Il taglio ironico e surreale proseguì negli anni, raggiungendo risultati esilaranti e assolutamente convincenti, inserendo nelle canzoni elementi teatrali come il coro di risposta che troviamo sia in Vengo anch’io, no tu no che in Ho visto un re, quest’ultima vera e propria messa in scena di una canzone, con uno sbeffeggiamento ironico ma anche amaro del rapporto tra classi dominanti e proletariato. Di seguito le indicazioni d’autore delle singole composizioni di questa playlist.
01. Ma che aspettate a batterci le mani (Dario Fo-Fiorenzo Carpi)
02. L’Armando (Dario Fo-Enzo Jannacci)
03. La luna è una lampadina (Dario Fo-Fiorenzo Carpi)
04. Hanno ammazzato il Mario in bicicletta (Dario Fo-Fiorenzo Carpi)
05. La prima volta (Dario Fo-Fiorenzo Carpi)
06. Per la moto non si da (Dario Fo-Enzo Jannacci)
07. Il bonzo (Dario Fo-Aurelio “Cochi” Ponzoni)
08. Veronica (Dario Fo-Sandro Ciotti-Enzo Jannacci)
09. La brutta città (Dario Fo-Leo Chiosso-Fiorenzo Carpi)
10. Ho visto un re (Dario Fo-Paolo Ciarchi)
11. Sei minuti all’alba (Dario Fo-Enzo Jannacci)
12. Vengo anch’io, no tu no (Dario Fo-Enzo Jannacci-Fiorenzo Fiorentini)
13. Sentii come la vosa la sirena (Dario Fo-Fiorenzo Carpi)
14. T’ho compraa I calzett de seda (Dario Fo-Enzo Jannacci)
15. La mia morosa la va alla fonte (Dario Fo-Enzo Jannacci)
16. Mamma vado a Voghera (Dario Fo-Enzo Jannacci)
17. Il primo furto non si scorda mai (Dario Fo-Enzo Jannacci)
18. E chi ce lo fa fare (Dario Fo-Fiorenzo Carpi)