Enrico Caruso playlist 2021

Enrico Caruso

Il 2 agosto del 1921 moriva a Napoli uno dei grandi divi del Novecento, Enrico Caruso, la prima star del disco, il tenore che tenne banco al Metropolitan di New York per diciassette stagioni e rese famosa la canzone napoletana nel mondo diventando una leggenda vivente nella quale s’identificarono milioni di emigranti non solo napoletani. Per il centenario abbiamo scelto un’ampia gamma di registrazioni che ne documentano la versatilità del repertorio: brani d’opera, canzoni napoletane, romanze, inni. Unico rappresentante dell’era meccanica della discografia (che si chiude nel 1925) le cui incisioni sono rimaste in catalogo, Caruso vendette in vita cinque milioni di dischi, entrò nei Top Ten americani regolarmente dal 1904 al 1921 anche con canzoni in inglese scritte da autori contemporanei, il che fa di lui un pioniere di quello che oggi viene chiamato crossover, ovvero quell’approccio belcantistico a brani “leggeri” che evocano alla lontana le arie d’opera. Si comincia con l’ottocentesco Inno di Garibaldi (“Si scopron le tombe, si levano i morti…”) che Caruso portò al n. 9 delle classifiche, per poi passare a una sequenza di melodie napoletane che ne alimentarono il mito: Core ‘ngrato (scritta negli Stati Uniti da due autori emigrati, appositamente per la voce del loro concittadino), Santa Lucia, Fenesta ca lucive e Addio a Napoli. Poi è la volta delle romanze operistiche, terreno nel quale Caruso ebbe pochi rivali e che ebbe modo di proporre nei principali teatri del mondo: si va dal Rigoletto (Bella figlia dell’amore, La donna è mobile) con cui il 23 novembre 1903 trionfò al MET nel suo esordio da emigrante di lusso, al Trovatore (Di quella pira) e all’Aida (Celeste Aida). Dopo la trilogia verdiana, due gemme di Puccini - E lucean le stelle (Tosca) e Che gelida manina (La bohème) – seguite da Una furtiva lagrima (L’elisir d’amore, Donizetti) e da due vette del verismo che Caruso ebbe il merito di diffondere nel mondo: Mamma quel vino è generoso (Cavalleria Rusticana, Mascagni) e Vesti la giubba (Pagliacci, Leoncavallo) primo disco a superare il milione di copie vendute, primo in classifica per quattro settimane nel 1907. Dopo un assaggio salottiero con due popolari romanze (Vieni sul mar, Ideale) l’omaggio si chiude con due inni all’italianità: ‘O sole mio, per molti un secondo inno nazionale, e La Danza di Rossini, che ha nobilitato in chiave classica la tarantella trasformandola in un simbolo nazionale.
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