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Le Canzoni della mala
Il 1958 fu un anno spartiacque per la canzone italiana e non solo: l’inizio del miracolo economico coincise con il successo mondiale di Modugno e del suo ‘Volare’, il debutto di Mina e Celentano (ancora oggi le voci più popolari di sempre) e i primi passi di un nuovo genere che prenderà il nome di ‘canzone d’autore’. Fra gli esordi significativi di quell’anno va annoverato quello di Ornella Vanoni, che con pose da spavalda e uno stile che l’avvicinava agli esistenzialisti francesi (Juliette Grèco anzitutto) incide Le canzoni della malavita, spinta da Giorgio Strehler, con la collaborazione di Dario Fo e Fiorenzo Carpi – l’avanguardia del Piccolo Teatro di Milano. Un’operazione intellettuale la loro, che puntava sul romanticismo bohémien legato al sottobosco delinquenziale meneghino e a un repertorio canzonettistico che in realtà non era mai esistito e per questo venne creato ex novo. Presentato al Festival di Spoleto nel 1959, l’album riscosse il plauso della critica e sollecitò altri artisti dell’area milanese come i Gufi, Gaber, Jannacci, a incrementare l’immaginario della “mala” con altre canzoni e parodie. L’antologia accosta i successi di quella stagione (la Vanoni ci sarebbe tornata nel 1982 con un remake allargato di quell’album) a canzoni di malavita romanesche eseguite dal Nuovo Canzoniere Italiano e Lando Fiorini