Sono misteriose le vie della genetica e non si può non rimanere stupiti di fronte alla trasmissione di uno dei caratteri fondamentale di ogni essere umano: la voce. Se poi oltre alla voce vengono tramandate di padre in figlio una spiccata musicalità e un’intonazione di buon livello, siamo ancora più stupiti, ed è quello che è successo a Giovanni Guidi (1908-1958), a suo figlio Giorgio, in arte Johnny Dorelli, e a suo nipote Gianluca, figlio di Johnny.
Giovanni Guidi iniziò ad incidere alla fine degli anni Trenta e successivamente si trasferì a New York nel 1946, a seguito del felice esito di un’audizione a cui aveva partecipato a Milano, e negli Stati Uniti d’America ebbe un limpido successo come interprete di canzoni italiane e napoletane.
Due anni dopo fu raggiunto dalla moglie Teresa e dal figlio Giorgio, e la famiglia si trattenne negli States fino alla metà degli anni Cinquanta, in tempo per veder sbocciare la carriera del figlio Giorgio che prese il nome dalla maniera storpiata degli italo-americani di pronunciare il suo nome: Johnny invece di Giovanni e Dorelli invece di D’Aurelio.
La sua era una voce di impostazione classica, più vicina al canto da tenore leggero che a quello da crooner, che caratterizzò invece l’inconfondibile timbro di suo figlio Giorgio. Morì molto giovane, a soli cinquant’anni e appena una settimana dopo dal trionfo sanremese di Johnny Dorelli e Domenico Modugno con Nel blu, dipinto di blu: giusto in tempo per gioire del successo del figlio e per gratificarsi della propria scelta, fatta in America, di introdurlo nel mondo della canzone.