Pubblicato il
21-01-2023

Sanremo – Gli anni settanta

Sanremo – Gli anni settanta

Nei primi anni Settanta la popolarità del Festival è all’apice e nel 1972 ottiene il suo record storico con 26 milioni di telespettatori: lo segue quasi un italiano su due. Poi inizia un declino che lo porta lontano dagli umori più vitali del decennio “di piombo”.

La canzone vincitrice nel 1970Chi non lavora non fa l’amore – è un quadretto familiare controcorrente in cui Celentano, con la moglie Claudia Mori, dice la sua sugli scioperi che stanno paralizzando il Paese. Secondi i Ricchi e Poveri con Nicola Di Bari (La prima cosa bella), terzo Endrigo con L’arca di Noè.

Nel 1971 vincono Di Bari e Nada con una classica melodia all’italiana: Il cuore è uno zingaro. Seconda Che sarà con José Feliciano e Ricchi e Poveri, ma il vincitore morale è Lucio Dalla con 4 marzo 1943, autobiografia romanzata, che anche l’anno dopo coglierà nel segno con Piazza Grande.

Nel 1972 Di Bari fa il bis con I giorni dell’arcobaleno. Tra le rivelazioni, Marcella con Montagne verdi e i Delirium di Ivano Fossati con Jesahel.

Nel 1973 la vittoria spetta a Peppino Di Capri, interprete di Un grande amore e niente più. Poi è buio totale fino al decennio successivo, squarciato solo nel 1978 dall’apparizione di Rino Gaetano (Gianna).

Nel 1974 vince Iva Zanicchi con Ciao cara, come stai?

Nel 1975 è la volta di Gilda, studentessa in medicina, che canta di una immacolata Ragazza del Sud. Le vendite complessive toccano il minimo storico con 45 mila copie e qualcuno propone di abolire la manifestazione.

Nel 1976 a prevalere è Peppino Di Capri, con Non lo faccio più, mentre al terzo posto debutta un futuro campione della melodia all’italiana come Toto Cutugno, con i suoi Albatros (Volo AZ 504).

Nel 1977 vince Bella da morire degli Homo Sapiens.

Nel 1978 Genova “piglia tutto” con Beppe Grillo alla conduzione e i Matia Bazar primi con …E dirsi ciao! davanti a una 16enne Anna Oxa che canta Fossati (C’è una ragione).

Il decennio si conclude (1979) con la vittoria di Mino Vergnaghi (Amare) davanti a Enzo Carella – presto dimenticati – e i Camaleonti.